APCOM
26 gen 2009
Fatture false: annullata condanna stilista Cavalli
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26 gen 2009
L'imprenditore che si fa ristrutturare casa a spese della società e detrae i costi dal bilancio non può essere accusato di false fatturazioni. La Cassazione ha perciò annullato la condanna nei confronti dello stilista Roberto Cavalli spiegando che, in questo caso, al massimo si può contestare la "dichiarazione fraudolenta" o la "dichiarazione infedele".
In pratica, Roberto Cavalli è stato condannato per un reato che non ha commesso e perciò i giudici della terza sezione penale della Suprema Corte, con la sentenza 3203, hanno annullato con rinvio la decisione della Corte d'appello di Firenze che nel 2006 aveva condannato lo stilista in riferimento a fatture per un importo complessivo di poco superiore agli 800 milioni di lire, che erano state riportate tra i costi della casa di moda nel bilancio del 2000 anche se relative a lavori di ristrutturazione eseguiti nell'abitazione di famiglia.
I giudici di secondo grado avevano invece dichiarato prescritto il reato per quanto riguarda altre fatture relative al periodo compresa tra il 1996 e il 1999. Secondo la Cassazione i magistrati fiorentini hanno invece sbagliato capo d'imputazione. I giudici di piazza Cavour sottolineano che l'accusa di fatture false può essere contestata nel caso di "operazioni inesistenti, quelle cioè - scrivono nella sentenza - che corrispondono alle fatturazioni provenienti dalle cosiddette società "cartiere" che nella realtà non effettuano alcuna operazione commerciale me emettono le relative fatture".
Diverso è il caso dello stilista, osservano i giudici, "dove invece l'operazione commerciale è realmente intercorsa tra i soggetti". In sostanza la società di moda ha effettivamente richiesto e pagato i lavori eseguiti nell'edificio dove abita Roberto Cavalli. Il punto, precisa la Cassazione, è che questi costi "potrebbero essere non inerenti all'attività della società".
Da qui l'annullamento con rinvio per verificare l'eventuale possibilità di procedere con una diversa contestazione. Ammesso, conclude la Corte, che siano state superate "le soglie di punibilità" previste per i diversi reati e che non sia ormai sopravvenuta la prescrizione.
Fonte: APCOM