24 apr 2013
Ecco ciò che Kering si aspetta da Pomellato
24 apr 2013
L'acquisto di Pomellato, quarto gruppo di gioielleria d'Europa, da parte di Kering (ex PPR) rafforza la presenza del colosso francese in un settore del fortissimo potenziale di attrazione. "Saremo in grado di crescere più velocemente e in modo più duraturo", si rallegrava mercoledì mattina Andrea Morante, boss del gruppo di gioielleria milanese, nel corso di una conference call con Jean-Marc Duplaix, Chief Financial Officer di Kering.
Il piano di sviluppo che aspetta Pomellato consisterà nell'implementazione della presenza della griffe in America del Nord e in Asia-Pacifico. Quest'area, Cina e Giappone inclusi, rappresenta oggi solo il 5% del fatturato del gruppo italiano, che ha raggiunto i 146 milioni di euro nel 2012. Pomellato ottiene la maggior parte delle sue entrate in Europa e, oltre alle sue 45 boutique Pomellato, possiede il brand di gioielleria che offre prodotti più giovani e accessibili Dodo. In totale, il gruppo italiano è presente in più di 600 punti vendita wholesale.
Per Kering, l’arrivo di Pomellato dopo quelli di Boucheron e Qeelin, il gioielliere cinese acquisito l'anno scorso, obbedisce a una logica di complementarietà. “Qeelin rappresenta l’heritage cinese, Boucheron l'eredità culturale francese e Pomellato il savoir-faire italiano”, riassume Jean-Marc Duplaix. All'elenco si possono aggiungere gli orologi di lusso di Jean Richard e l'orologiaio svizzero Girard-Perregaux, acquisito nel 2011.
“Grazie alla nostra acquisizione del gruppo Pomellato, la divisione lusso del gruppo Kering potrà presto generare il 10% del suo giro d'affari dalla sua attività nella gioielleria e nell'alta orologeria, considerando tutte le maison insieme”, puntualizza il direttore finanziario del gruppo, “contro il meno del 5% di tre anni fa (prima di Qeelin, Girard-Perregaux e Pomellato, ndr.)”. La valutazione comprende l'attività nella gioielleria, anch'essa in forte progressione, delle varie case di prêt-à-porter del gruppo: Saint Laurent, Alexander McQueen, Gucci, ecc.
Il Made in Italy, oggetto del desiderio.
Con LVMH che ha aperto le danze nel 2011 assicurandosi Bulgari, la maestria italiana d'eccellenza interessa un numero sempre crescente di investitori. Una delle ultime case di gioielleria indipendenti di Place Vendôme, Buccellati, è entrata nel fondo italiano Clessidra il mese scorso. E questa settimana, coincidenza vuole che Gucci, pilastro italiano della divisione 'Lusso' di Kering, abbia annunciato il suo acquisto della manifattura di porcellana Richard Ginori. Da Pomellato, circa 100 orafi perpetueranno così nel tempo la tradizione di incastonatura e levigatura delle pietre preziose.
Ci sarà ancora un seguito a questa fase strategica di frenetici acquisti attuata da Kering, che quest'inverno ha anche investito nell'azienda dello stilista scozzese Christopher Kane? "Come sottolineava recentemente François-Henri Pinault, la gioielleria e l'orologeria rappresentano oggi il 20% del mercato del lusso, e quindi saremo sempre molto attenti alle opportunità che ci si presenteranno" nel settore, ha ammesso il direttore finanziario di Kering durante la conferenza, affermando tuttavia che il gruppo attualmente non ha in corso nessuna trattativa riferita a possibili futuri acquisti nel settore.
Jean-Paul Leroy (Versione italiana di Gianluca Bolelli)
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