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Con la crisi +20% richieste ritocchi, chirurghi estetici chiedono regole

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Adnkronos
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25 giu 2009

Roma, 25 giu. (Adnkronos Salute) - Effetti inaspettati della crisi economica: invece che risparmiare sul superfluo, gli italiani ricorrono anche più di prima al chirurgo estetico. "Tutti vogliono arrivare all'estate in perfetta forma: anche grazie ai prezzi in calo, abbiamo avuto un aumento di richieste di interventi del 20%".



Parola di Carlo D'Aniello, presidente della Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica (Sicpre), che ne ha parlato oggi a Roma in occasione del convegno 'La gestione del rischio nella chirurgia estetica', organizzato dall'Osservatorio sanità e salute e patrocinato dal Senato della Repubblica.

I ritocchi più in voga sono quelli di sempre: "mastoplastica additiva, rinoplastica, blefaroplastica e liposcultura - assicura l'esperto - con un 'boom' anche di pazienti ex-obesi che devono risolvere la loro situazione di pelle cadente, anche se questa è un'operazione che non viene quasi mai rimborsata dal Servizio sanitario nazionale (Ssn)". Poche e sporadiche richieste, invece, "per quella che i francesi chiamano 'ninfoplastica', cioè la ricostruzione delle parti intime femminili".

Il chirurgo si dice poi preoccupato per il "via vai di giovani che mi chiedono di cancellare un tatuaggio: fra poco tempo ci ritroveremo una generazione di 'pentiti' dei disegni sulla pelle". Secondo gli esperti, le parole d'ordine per prevenire problemi sono informazione e regole chiare in un campo delicato come quello della chirurgia estetica: "la Sicpre - evidenzia D'Aniello - auspica una condivisa azione politica per la formazione dei professionisti e un'attenta vigilanza sulle strutture in cui vengono eseguiti questi interventi".

"L'intervento di liposcultura - ha aggiunto Maurizio Valeriani, primario di Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica dell'ospedale san Filippo Neri di Roma - è una delle procedure di chirurgia estetica più richieste ed eseguite al mondo: solo in Italia ne vengono effettuate 90 mila l'anno". Un'operazione ormai più frequente delle appendicectomie "o delle colecistectomie - aggiunge Nicolò Scuderi, ordinario di Chirurgia plastica dell'università 'La Sapienza' di Roma - che sono circa 60 mila ogni anno nel nostro Paese".

Ma "l'incertezza delle attuali norme regionali sulla formazione, totalmente differenti fra loro come se esistessero pazienti di serie A e di serie B - evidenzia Valeriani - fa emergere a mio avviso la necessità di un nuovo testo di legge o di linee guida che uniformino il panorama nazionale nell'interesse, innanzitutto, del paziente".

"Oggi si parla di 'esperti' in chirurgia estetica allo stesso modo che di 'specialisti' - sottolinea Scuderi - e per questa disciplina non è previsto l'obbligo di una formazione universitaria specifica, come per l'anestesia o la cardiochirurgia. Ma di certo non si è mai sentito parlare di 'esperti' in anestesiologia o cardiochirurgia.

Ci si chiede se la chirurgia estetica abbia caratteristiche tali da richiedere una specializzazione accademica obbligatoria, dato che è una chirurgia 'superficiale' e non tocca organi interni vitali. Per rispondere basti pensare che in America i chirurghi estetici pagano tariffe assicurative più alte rispetto ai cardiochirurghi: i rischi sono tanti e concreti, e un percorso formativo adeguato e riconosciuto è la risposta per evitarli".


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