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7 dic 2012
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Cina: la base produttiva risente della crescita di gamma dei marchi

Pubblicato il
7 dic 2012

All'ultimo Intertextile Shanghai, svoltosi a fine ottobre, poche novità sulle cifre: più di 3.350 espositori di tessuti, di collezioni e di accessori, e un co-organizzatore soddisfatto, Messe Frankfurt, che annuncia più di 65.000 visitatori.

Milano Unica ha stabilito un numero chiuso.

Insomma, per citare la stilista di una grande catena europea: "E' un salone immenso. Se non ci si organizza prima, si spreca del tempo". "Sono 8 anni che vengo in fiera. Ormai si è arrivati a un eccesso “alla cinese”, con alcuni visitatori che entrano solo perché hanno visto la luce accesa all'interno", commenta un espositore europeo.

Tuttavia, a parte queste osservazioni sulle dimensioni mastodontiche del salone, organizzato su 16 padiglioni alla fiera di Shanghai, l’analisi degli espositori stranieri è quasi unanime: i marchi cinesi sono cresciuti di gamma e quindi anche i loro visitatori e buyer. "I marchi cinesi di lusso sono cari", sottolinea Pierre Dupond, direttore dell'area di Dormeuil. "I grandi brand cinesi cercano una legittimazione andando a cercare i tessuti europei".

Da due stagioni, Intertextile ha messo in primo piano Salon Europe, che riunisce i produttori di tessuti del Vecchio Continente. Al suo interno si trovano inclusi anche i 124 produttori italiani di Milano Unica. "Abbiamo cominciato a lavorare nel marzo scorso a Pechino sugli spazi e sui codici di colore con il lancio di Salon Europe. Prima l'allestimento era molto cinese. Adesso invece, abbiamo dato una linea-guida in termini di colori e abbiamo tentato di rendere più moderna l'immagine della manifestazione. Nonostante le limitazioni dovute alla fiera, si riesce a percepire bene che Intertextile vuole fare un passo avanti. Un approccio coerente con l'importanza che ha assunto l'appuntamento e con la sua internazionalizzazione", commenta Carole Davallet-Pin, architetto e designer nello studio Nelly Rodi.

Lenzing occupa un intero padiglione, insieme ai suoi clienti. Foto: DR

E questo movimento verso la crescita di gamma dovrebbe continuare con lo sviluppo di aziende e griffe cinesi. "Ancora pochi anni fa, questo era un salone di sourcing. Ora è cambiato, a seguito della modificata situazione economica mondiale. I subfornitori e subappaltatori dei brand europei o americani hanno capito che se si fossero rivolti al loro mercato nazionale, avrebbero aumentato i loro margini", dice Andreas Dorner, direttore marketing di Lenzing, che occupa con i suoi partner un intero padiglione.

Alcuni espositori hanno valutato che nei prossimi 5 anni i marchi cinesi peseranno per l'80% sul mercato della moda, contro il solo 30% di oggi. E fanno anche ricordare in termini produttivi che, se la cosa che più conta è il prezzo, allora bisogna andare in India, in Bangladesh o in Vietnam "Quando siamo arrivati, incontravamo certo dei buyer di marchi locali, ma alla fine erano dei subfornitori. Oggi, i marchi cinesi puntano sulla qualità e vogliono avere relazioni stabili con i loro fornitori", puntualizza Michael Foudil, direttore della filiale cinese di Plouquet.

Infatti, è anche per questo motivo che Milano Unica è sbarcata in forze all'interno di Intertextile. "Veniamo qui per incontrare le case cinesi. I marchi stranieri che si limitano semplicemente a produrre in Cina vengono a vederci in Italia. In fondo, la Cina è complicata come qualsiasi altro mercato di esportazione", concludono da Zegna.

Bruno Joly (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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